Botte di Vino

Il Fumin: un sapore antico all’ombra dei giganti alpini!

Tempo di lettura stimato: 6 minuti

L’ultima volta che ho affrontato il Monte Rosa era il 1993, ricordo bene quel giorno di luglio anche perché era il primo anniversario della morte del giudice Paolo Borsellino.

Per me quell’ascesa rappresentava il terzo asso di un poker alpino (dopo Cervino e Gran Paradiso) a cui sarebbe mancato solo il pezzo forte della Valle d’Aosta: Il Monte Bianco.

Quel quarto tassello putroppo non è mai arrivato, la vita prende delle pieghe e dei sentieri (è il caso di dire) che non sempre riesci a prevedere.

Così come non era prevedibile che, a quasi 30 anni da quel giorno, fosse proprio il racconto di un vitigno e di un vino a riportarmi tra queste magnifiche montagne fatte di freddo che penetra le ossa, altezze vertiginose e panorami mozza fiato (con queste salite è proprio il caso di dirlo).

Il paesaggio è tutto un susseguirsi di valli minute e torrenti scintillanti, elegantemente arricchito da una ricchezza aromatica che sa di resina, di abetaie, di frutti di bosco, di legna che brucia nei camini delle baite e degli alpeggi.

Chissà se sarà proprio il fumè, nelle sue declinazioni cromatica e gusto-olfattiva, che saprà farci da Cicerone in questo racconto.

Un po’ di storia

Il primo riscontro è cromatico e lo ritroviamo proprio nel grappolo: il nome Fumin sembra infatti derivare proprio dal color grigio fumo dei suoi acini, ricchi di pruina.

Vitigno autoctono storico della Valle d’Aosta, è stato ampiamente descritto da Lorenzo Gatta nel suo “Saggio sulle viti e sui vini della Valle d’Aosta” del 1838, dove evidenziava la sua grande diffusione specie nella valle media della regione e sui versanti esposti a nord.

Per secoli è stato utilizzato come vino da taglio per la suo notevole carica antocianica che regala tutte le tonalità del rubino e della porpora cardinalizia ma anche per la sua prodigiosa acidità, ottima spalla per vini più leggeri e da pronta beva.

Nel secolo scorso è stato più volte a rischio di estinzione fino quando intorno agli anni ’70 viene letteralmente salvato da alcuni vignerons locali, entrando a far parte della Doc Valle d’Aosta.

E’ stato vinificato per la prima volta in purezza dalla azienda Les Crêtes nel 1993 del patron Costantino Charrère, rivelandosi un vino di grande eleganza, corposità e indubbiamente adatto ad un lungo affinamento in bottiglia.

Dove siamo

La Valle D’Aosta, orograficamente, è divisa in due dalla Dora Baltea che scorre nella valle centrale in direzione ovest-est evidenziando due versanti: uno ombroso esposto a nord detto “envers” nel dialetto locale ed uno assolato e arido esposto a sud detto “adret”.

Nella Valle centrale confluiscono una ventina di valli laterali orientate lungo l’asse nord-sud.

La filiera vitivinicola si snoda lungo tutta la Valle ed i vigneti si inerpicano sulle pendici che corrono da Morgex a Pont-Saint-Martin, in prevalenza sulla sinistra della Dora Baltea, più soleggiata.

Data la forte pendenza dei terreni si ricorre molto al terrazzamento con muretti a secco per aumentare la superficie disponibile, cosa che di fatto impedisce qualunque tipo di meccanizzazione.

L’eroismo dei piccoli produttori valdostani lo ritroviamo anche nell’ostinata determinazione a credere nelle proprie tradizioni e nelle risorse della propria terra.

Non si sono lasciati allettare dalla possibilità di impiantare esclusivamente vitigni più noti e diffusi, che li avrebbero fatti uscire dall’anonimato in tempi più brevi, ma hanno conservato i propri, quelli autoctoni, introvabili anche nei paesi confinanti.

Qui niente è facile: la stagione della vite è corta, stretta nella morsa di un’estate calda e poco piovosa e un autunno che è presto inverno; i sistemi di allevamento sono giocoforza frutto di una ingegnosa architettura agraria come la pergola alta valdostana, in cui la vite si appoggia alle tòpie (strutture in legno, sorrette da piloni di pietra, su cui cresce la vite) o la pergola bassa, dove bassa significa circa 1 metro da terra e le cure del vignaiolo sono svolte da sotto l’impalcatura della pianta.

Gli areali principali

Per il Fumin, le estensioni coltivate sono in espansione, da Saint-Vincent a Villeneuve, specialmente sulla riva sinistra della Dora Baltea fino a quote di 600-650 metri.

Inoltre viene coltivato in vecchie vigne a Aymavilles insieme al Petit Rouge, altro noto vitigno valdostano.

Terreni e Clima

Le composizioni migliori per la coltivazione di questo vitigno sono quelle caratterizzati da suoli morenico-sabbiosi drenanti, a componente granitica con rilevante presenza di silice e limo.

Altro fattore favorevole è il clima prealpino di questa zona: inverni rigidi, estati poco calde, scarse precipitazioni, bassa umidità e grandi escursioni termiche rappresentano le condizioni ottimali per la produzione di vini che possono essere non solo longevi ma ricchi anche di una consistente componente aromatica.

Il Vitigno e il suo Vino

Il Fumin è un vitigno molto sensibile alle variazioni microclimatiche, il che comporta che i siti delle vigne debbano essere selezionati con estrema cura per ottenere i risultati migliori. 

La raccolta è tardiva, rigorosamente manuale ed avviene di solito verso la metà-fine del mese di ottobre.

Dalle sue uve vinificate in purezza si ottiene un vino longevo di colore rosso porpora con una serie di sfumature violacee, profumi intensi e persistenti di frutti rossi e frutti di bosco con delle note speziate e vegetali.

Al gusto il sorso si presenta lievemente tannico, con un finale amarognolo e secco che ne rappresenta una marcatura tipica specie nelle versioni piu giovani.

Grazie anche alla maturazione in legno (sia grande che piccolo) e al successivo affinamento in bottiglia è possibile smussare alcune asperità del vitigno ed ottenere una migliore valorizzazione del prodotto finale.

Un assaggio di…

L’ annata 2018, comune ai primi tre vini, è stata nell’areale di riferimento molo buona e ha permesso di recuperare dalle gelate del 2017. Le uve sono caratterizzate da una considerevole acidità che permetterà ai  vini di essere più longevi ma anche più profumati visti gli ottimali sbalzi termici che si sono registrati.

Il 2014 dell’ultimo vino è stato un anno molto freddo e piovoso anche qui, per cui la stagione è da considerarsi mediamente produttiva e non certo eccellente. Vediamo come si comporta nel calice dopo 6 anni.   

Fumin Vallée d’Aoste 2018 – Azienda Elio Ottin (marcato CERVIM)

I vigneti di Ottin sono impiantati in media collina, tra i 550 e i 700 metri, a Saint Christophe, Quart e Aosta.

La vendemmia cade di solito a fine ottobre, con un leggero appassimento a cui segue poi una vinificazione in tini di legno, con macerazione a cappello sommerso, affinamento di un anno fra barrique e botte da 20 hl.

Il colore è un rubino porpora (cardinalizio) profondo ma non cupo, al naso un esordio fruttato (lampone e gelatina di mora e mirtillo), sottobosco, china, per finire con una delicata speziatura chiara di pepe bianco e una balsamicità mentolata;

Al gusto è un vino in tensione, con una buona trama tannica e una decisa mineralità scura (grafite), nel finale torna il balsamico con una chiusura ancora amarognala, caratteristica del vitigno ma che rivela ancora la giovane età di questo vino da poco in commercio.

Fumin Vallée d’Aoste Vigne Rovettaz 2018 – Azienda Grosjean

La numerosissima famiglia Grosjean lavora nel Villaggio Ollignan di antica tradizione viticola a 550 m s.l.m., con elevate pendenze ed una esposizione a sud pieno, in un clima particolarmente asciutto e ventilato con ottima luminosità e grande escursione termica.

La vinificazione in tini di legno si fa con le uve diraspate, senza aggiunta di lieviti selezionati ed una macerazione con le bucce per circa 30-40 giorni a temperatura controllata.
Dopo un anno di maturazione in legno piccolo, il vino viene imbottigliato e conservato almeno 6 mesi in bottiglia prima di essere venduto.
Si presenta di colore rosso rubino molto intenso, all’olfatto primeggiano i sentori fruttati, la marasca in particolare, con note speziate non troppo evidenti e una nota ben composta di sottobosco quasi terragnea.

In bocca è asciutto ma non aggressivo con tannini morbidi e lunghi, una buona corrispondenza con l’olfatto. Il sorso è ancora un “working in progress” in attesa che il tempo aiuti a bilanciare meglio freschezza, mineralità e tannini: doveroso attendere altri 4 o 5 anni.

Fumin Vallée d’Aoste 2018 Azienda Les Cretes

Cantina storica Les Cretes, specie per la vinificazione di questo Fumin che avviene con diraspatura di uva refrigerata, fermentazione di 12 giorni in acciaio inox a temperatura di 24°C, con rimontaggi giornalieri. Segue poi una maturazione di 12 mesi in rovere francese da 300 litri e un affinamento in bottiglia di 6 mesi.

Pienezza di colore porpora e profumo che alterna il fruttato scuro alla balsamicità di ginepro e altre botaniche, per poi virare verso note terrose e muschiate, di cuoio e spezie, sentori selvatici.

In bocca è deciso e un po’ rude, succoso, acerbo ancora con un tannino determinato e sottolineato dalla freschezza d’ingresso, note di vaniglia, ginepro e tabacco. Il finale sa di arancia amara (melangolo), occorre dargli tempo!

Fumin Vallée d’Aoste 2014 Azienda La Vrille

Fermentazione in acciaio, maturazione in legno grande per 12 mesi poi affinamento in bottiglia per 24 mesi per questa versione di Fumin di La Vrille i cui vigneti hanno un’sposizione sud-est nel comune di Verrayes a 700 mt slm.

Nel calice, rosso rubino intenso, maturo con riflessi porpora brillanti.

Profumi intensi di frutti di bosco speziatura dolce seguita poi da una balsamicità mentolata; china, sottobosco, cuoio e pellame i sentori che si si fanno maggiormente spazio nel finale.

Il sorso e succoso con tannini sono di buona fattura, ben integrati con una freschezza che sa di altitudine ed una mineralità sapido-gustosa che da profondità al finale. Ci avviciniamo probabilmente alla maturazione ottimale per degustare questo vino.

Niente fumè dunque nel gusto e nell’olfatto, in queste diverse espressioni (e annate) di Fumin, ma di sicuro tanta altitudine, rigore enologico, franchezza di contenuto in questo vino di montagna e di territorio.

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Andrea Donà

Andrea Donà

Attraverso il mio blog non racconto solo di vino ma anche storie di uomini e di umanità, di sogni e di speranze, di idee visionarie e di grandi intuizioni.

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