Botte di Vino

Il Casavecchia, un’origine antica per un vino davvero moderno!

Tempo di lettura stimato: 6 minuti
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Questo viaggio alla scoperta degli autoctoni “minori” della nostra penisola inizia dalla provincia di Caserta.

Siamo in Terra di Lavoro, da sempre considerata una zona ad altissima vocazione viticola specie per vitigni come l’Aglianico ed il Piedirosso.

Da una ventina di anni però, in un gruppetto di comuni situati a nord di Caserta, non lontano dalla valle del medio Volturno, si è investito e scommesso molto su un vitigno autoctono che stava rischiando l’estinzione: il Casavecchia.

I comuni sono quelli di Pontelatone, Castel di Sasso, Liberi, Formicola, Caiazzo e Ruviano e la storia di questo vitigno ondeggia sinuosamente tra il misterioso e il controverso, tanto da farla sembrare quasi una leggenda popolare.

Misterioso, perché non esistono documenti ed evidenze storiche certe sulla sua origine (antica).

Una delle ipotesi più accreditate è che sia l’uva del vino Trebulanum, proveniente dall’insediamento di Trebula Balliensis (attuale Treglia, frazione di Pontelatone), citato da Plinio il Vecchio nel XIV° libro della Naturalis Historia e bevuto dai legionari dell’antica Roma.
Nemmeno Giuseppe Frojo, il più noto ampelografo dell’800, quando catalogò e descrisse tutti i vitigni presenti nell’areale della Terra di Lavoro, si accorse della sua presenza.

In mancanza di dati storici inconfutabili si fanno strada i racconti popolari più controversi.

La versione più ricorrente è narrata dagli anziani locali, secondo i quali verso la fine dell’800, un ceppo di oltre cento anni di età (su piede franco), sfuggito ai parassiti arrivati dall’America (ovvero l’infestazione oidica del 1851 e poi quella successiva di Fillossera di inizio ‘900) fu rinvenuto presso una casa diroccata nel comune di Pontelatone, da un contadino di nome Prisco Scirocco.

Da allora, tramite le marze ottenute dal vitigno originale, si sarebbe diffuso e tramandato di generazione in generazione portando con sé il nome del vecchio rudere testimone della scoperta: “Casavecchia”.

Una variante di questa storia fa invece risalire la nascita nello stesso periodo, da un seme poi diffuso per propaggine in un’antica masseria sempre nel comune di Pontelatone.

Per tutto il ‘900 rimane recluso in un anonimato culturale e territoriale, valido alimento per i contadini locali ma spesso confuso con altre varietà autoctone campane più diffuse come la Coda di Volpe Nera.

Negli anni ’80 e ’90, se ne prosegue la coltura, ravvivandone di tanto in tanto la storia ma è solo con il nuovo millennio che si ha la vera rinascita.

Il Casavecchia si fa trovare pronto all’appuntamento con i tempi moderni e con le richieste dei mercati sempre più attenti a prodotti in sintonia con il territorio di origine.

Grazie all’opera di uno sparuto numero di viticoltori di buona volontà (le famiglie Barletta e Quaranta, lo storico avvocato Giuseppe Chillemi, Peppe Mancini, i soci della cooperativa Viticoltori del Casavecchia) ed alle sue ottime caratteristiche enologiche, consolida l’interesse di partenza e aumenta la sua area vitata a tal punto da permetterne l’iscrizione nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite (2002).

Nel 2011 arriva anche il giusto riconoscimento con la DOC Casavecchia di Pontelatone.

Per la sua estensione territoriale si tratta di fatto di una delle più piccole, se non la più piccola DOC d’Italia.

Le ridotte dimensioni, la grande ricchezza e varietà dei suoli la rendono naturalmente vocata a produrre vini di qualità, tanto da farli passare, in pochi anni, da prodotti di nicchia ad etichette capaci di conquistare la fiducia non solo del mercato campano ma anche di quelli delle regioni limitrofe.

Un paio di fattori devono essere presi in considerazione nell’analisi del rapporto millenario tra il Casavecchia e questi territori che possono spiegare il successo di questo vino.

Il primo è relativo alla sua originalità: nonostante i progressi in ambito scientifico sulla mappatura genetica dei vitigni, il Casavecchia ad oggi presenta delle caratteristiche uniche e non riscontrabili nel patrimonio ampelografico conosciuto, escludendo quindi che possa essere un clone di un altro vitigno.

Il secondo fattore è diretta conseguenza del primo, ovvero un legame con il territorio (suoli e microclima) talmente peculiare che funge da arma a doppio taglio: la sua adattabilità ad altre aree è scarsissima e i risultati che si possono ottenere sono quindi non riproducibili altrove.

In pratica è impossibile trovarlo fuori dalla geografia comunale riportata all’inizio dell’articolo.

In questo percorso di riconquista del Casavecchia è doveroso citare l’impegno prodigato da alcuni personaggi locali come Antonio Di Giovannantonio, agronomo e grande conoscitore del Casavecchia già dai primi anni ’90, Luigi Moio, enologo e scrittore di fama internazionale, Manuela Piancastelli giornalista (oggi produttrice), seguace di Gino Veronelli e grande talent-scouter di prodotti enogastronomici campani.

E’ anche grazie a loro che è stato possibile porre le basi per una produzione di grande qualità di questo vino, improntando le rispettive filosofie in vigna e gli stili comunicativi alla valorizzazione del territorio e al rispetto dei caratteri del vitigno.

Breve focus sul vino

Il vino prodotto all’interno della DOC, deve possedere almeno l’85% di Casavecchia, mentre per il restante 15%  si possono utilizzare altre uve rosse approvate dalla Regione Campania.

Due sono le tipologie, ” Rosso” e ” Riserva”.

L’affinamento per la tipologia ” Rosso” deve essere di almeno due anni, di cui almeno uno in legno, mentre per il vino ” Riserva” tre anni, di cui almeno 18 mesi in legno.

Nella sua espressione stilistica dominante è un potente nettare che viene valorizzato al meglio se lasciato maturare in botti di rovere per 15-18 mesi seguito da un successivo affinamento in bottiglia di almeno 4 o 5 anni.

Il Casavecchia è ricco di antociani e di tannini morbidi, possiede un buon grado alcolico e acidità bassa, che rendono la fermentazione malolattica una formalità.

Quelli ottenuti dalle uve migliori, possono raggiungere tranquillamente i 15-20 anni di invecchiamento.

Come si presenta nel calice

Il colore è molto vivo e copre perfettamente l’intera gamma dei rubini pieni e poco trasparenti.

All’olfatto si mostra intenso con una grande dominanza di frutta rossa scura: mora, mirtillo, ribes, ciliegia, prugna e frutti di bosco; non  mancano le note floreali di rose appassite e violette; ben presente anche la speziatura scura, le erbe aromatiche, una delicata ma persistente balsamicità se gli si lascia il tempo di aprirsi.

In bocca è facile ritrovare il legame con il territorio.

La matrice piroclastica, caratteristica dei suoli della zona di Pontelatone, emerge in una mineralità scura e avvolgente che sa di pietra focaia; gli aromi di legno affumicato (specie di carpino molto diffuso nei boschi delle colline circostanti) si alternano in bocca insieme ad una buona freschezza.

Il sorso è generalmente sapido, giustamente tannico, morbido e corposo.

Un assaggio di…

Casavecchia di Pontelatone Riserva 2015 – Vestini Campagnano (13,5%)

Il suo rubino violaceo denota ancora una disinvolta giovinezza ma anche il carattere giusto per tendere al cambiamento, alla maturità cromatica.

Il naso è intenso, con una alternanza sincompata di frutta rossa scura, more su tutti, poi erbe aromatiche e macchia mediterranea; la balsamicità ha bisogno di alcuni minuti prima di esprimersi e diffondere le sue note mentolate; il legno fa ancora sentire il suo effetto con gli aromi di tabacco e tostatura; rabarbaro e noce moscata completano lo spettro olfattivo davvero corroborante.

In bocca la freschezza insieme alla corposità del sorso sono interrotte solo dalla spinta tannica che rimane elegante e mai inopportuna ed una mineralità scura che si sposa perfettamente con la sapidità. Nessuna sensazione di “rusticità”, durezze e morbidezze si alternano e si completano a vicenda nella lunga persistenza. Da conservare e riprovare tra cinque anni!

Centomoggia 2015 – Terre del Principe (13%)

Il rubino di famiglia qui è in versione impenetrabile con qualche riflesso violaceo.

Il fascino olfattivo di questo vino è davvero interessante.

Subito intrigante con la parte speziata in evidenza (chiodi di garofano, noce moscata) poi frutta rossa matura (ciliegie, prugne, frutti di bosco) e qualche sbuffo floreale (rose appassite, violette).

Lasciandolo aprire prosegue su note scure, liquirizia, china, caffè tostato; a completare il bouquet olfattivo gli accenni minerali: di nuovo il suolo di origine vulcanica con la pietra focaia.

Al gusto s’incontra una struttura densa, morbida e molto ricca, con tannini complici ma mai solisti all’interno della trama gustativa.

L’ingresso in bocca è teso e vibrante grazie alla sua acidità; l’alcol e la glicerina sembrano ben dosati; dopo il sorso si ritrovano tutte le sensazioni avvertite al naso; vino di lunga persistenza gusto-olfattiva e sapidità. Anche qui le previsioni sembrano di grande longevità!

Vigna Prea 2015 – Viticoltori del Casavecchia

Il Colore rubino scuro con riflessi porpora, per questo millesimo è una certezza.

I profumi sono intensi e il vino lascia sulla parete del bicchiere tratti di inchiostro modellati.

L’olfatto è di carattere: il frutto scuro, dal ribes alla mora, sensazioni minerali scure, tufo e grafite, diventano poi sanguigne e affumicate; emerge un aroma di bosco scuro e balsamico, di eucalipto, per chiudere con sensazioni di muschio e terra bagnata, che forse non ti aspetti.

I sentori aggressivi e invasivi del legno non sono ancora stati digeriti del tutto ma dopo qualche minuto questo Casavecchia rivela sicuramente tutte le sue potenzialità.

La bocca è sapida, guizzante, la trama è fitta e succosa, senza alcun eccesso tannico, notevole la progressione del sorso. La nota alcolica è ben presente e si slega leggermente dal resto, l’acidità lavora per allungare il finale.

Manca forse un po’ di eleganza che solo il tempo, smussando qualche spigolo di troppo, potrà donargli.

Alla prossima tappa…

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Andrea Donà

Andrea Donà

Attraverso il mio blog non racconto solo di vino ma anche storie di uomini e di umanità, di sogni e di speranze, di idee visionarie e di grandi intuizioni.

Aforismi sul vino

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